SAVING PRIVATE RYAN (1998) di Steven Spielberg recensione di Sigmund 1856(sigmund@sbcweb.com) (Può essere letta anche da chi non ha visto il film) Rating: **** (out of six) Avrebbe potuto essere il più grande film di guerra mai realizzato, nonché un capolavoro in assoluto, degno di cinque o forse addirittura sei asterischi, invece alcuni vecchi vizi del cinema americano gli impediscono di raggiungere tali livelli. Il film è sicuramente ecellente dal punto di vista della regia, della fotografia, del montaggio, degli effetti speciali e della recitazione (Tom Hanks in particolare). L'alto livello di realismo rende alcune scene inadatte a spettatori impressionabili, ma d'altra parte tale violenza non è che la fedele rappresentazione di ciò che si sarebbe potuto vedere sui campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale. Quello che dovrebbe essere il filo conduttore della storia, salvare il soldato Ryan, non riesce mai ad acquisire importanza agli occhi dello spettatore, anche quando egli assume le fattezze di Matt Damon, un bel biondino abbastanza stereotipato, stile capitano della squadra di football (perché non poteva essere brutto o grasso?). L'intensa rappresentazione della guerra prende il sopravvento, sicché la ricerca di Ryan non interessa a nessuno, e neppure la sua sopravvivenza. Venendo alle note dolenti, questo film è affetto dalla ben nota "sindrome di John Wayne", consistente nel rappresentare i NEMICI come fantocci privi di volto, automi disumanizzati la cui morte non costituisce un problema, e appare anzi come un fatto non drammatico ma necessario, bensì esclusivamente positivo. I soldati tedeschi sono come i pellerossa dei vecchi western, sagome anonime che entrano in scena solo per farsi odiare e beccarsi una pallottola. Durante lo sbarco, i primi drammatici 24 minuti, i soldati americani sono descritti nella loro umanità, essi vomitano per la paura, hanno crisi di pianto, si raccomandano ai Santi. Il tedesco che li aspetta dietro alla sua mitragliatrice, invece, probabilmente pregusta il massacro che tra poco potrà compiere, come se non fosse anche lui preda del terrore, vedendo quell'orda di nemici che gli viene contro, e ben sapendo che alla fine la sua postazione cadrà, e lui morirà. Durante il film nessun tedesco recita. Tant'è vero che nei credits i tedeschi appaiono semplicemente come "German soldier #1, German soldier #2, ecc.", fatta eccezione per il cosiddetto "Steamboat Willy", la cui vicenda peraltro non si capisce bene cosa voglia comunicare (e non dico di più). In questo modo la vicenda viene rappresentata parzialmente, da un solo punto di vista, e quindi, inevitabilmente, perde profondità, si fa superficiale e meno drammatica di come avrebbe potuto essere. Per di più la guerra così dipinta non è affatto assurda. L'intrinseca malvagità dei tedeschi richiede di essere sradicata con la morte, che quindi appare anzi del tutto razionale. Continuo a pensare che i migliori film di guerra siano altri, e cito in particolare DAS BOOT (1981, in taliano "U-Boot 96") e STALINGRAD (1989), tutti e due di produzione europea. Forse per poter dire parole di verità su una guerra bisogna vederla dalla parte di quelli che l'hanno persa. Non sarà del tutto casuale se i film bellici più sinceri prodotti negli USA riguardano la guerra del Vietnam. 17/11/98 Ratings: * A worthless movie, spending money or time for it is not suggested. ** It won't hurt you, but neither please you. *** Above average. Satisfactory, no bad defects. **** Very good. There is something noticeable in this movie. ***** An excellent movie, flawless and with many elements of interest. ****** An absolute masterpiece, one of those few movies that everybody should see.